
Quando la tanto attesa rivoluzione dei chatbot si realizzerà compiutamente e i clienti, in virtù di una sempre maggiore accuratezza delle risposte fornite, cominceranno a servirsi diffusamente delle interazioni automatizzate, solo le aziende che avranno precedentemente investito nell’upskilling e reskilling delle proprie risorse saranno in grado di sbaragliare la concorrenza.
Per upskilling si intende il processo di apprendimento o insegnamento di nuove competenze per svolgere il proprio lavoro mentre, per reskilling, il processo di apprendimento o insegnamento di nuove competenze ai fini dello svolgimento di un lavoro diverso.
Il report del McKinsey Global Institute “Jobs lost, jobs gained: Workforce transitions in a time of automation“, ha stabilito che, entro il 2030, circa il 14% della forza lavoro globale, potrebbe aver bisogno di cambiare la propria categoria professionale, come conseguenza delle trasformazioni che digitalizzazione, automazione ed intelligenza artificiale stanno introducendo nel mondo del lavoro.
Sebbene, come dichiara anche lo stesso Jerry Kaplan nel suo seminale “Artificial Intelligence: What Everyone Needs to Know”, i lavori che richiedono una “connessione intuitiva” con altre persone probabilmente resisteranno all’automazione nel prossimo futuro, questo sarà possibile solo a condizione che le risorse coinvolte abbiano intrapreso un percorso di ampliamento delle proprie conoscenze e competenze.
Competenze relazionali
Quando, in un Customer Service, chatbot e self-service riusciranno finalmente a rimpiazzare – almeno parzialmente – il cosiddetto “primo contatto” con i clienti, il livello di preparazione specialistica degli addetti all’assistenza diverrà determinante. Se è vero che con il progredire dell’innovazione tecnologica, i clienti saranno sempre più predisposti a relazionarsi con un chatbot, allo stesso tempo, nel caso in cui avessero bisogno di una interlocuzione specialistica, saranno sempre più esigenti nei confronti di un operatore umano. Un addetto all’assistenza dovrà gestire casi sempre più complessi, non solo da un punto di vista squisitamente tecnico, ma, anche e soprattutto, relazionale. Ciò che, infatti, una macchina non potrà mai fare (almeno nell’immediato futuro), è relazionarsi emotivamente con il proprio interlocutore. Per questo, come dicevo in un precedente articolo, soft skills quali Empatia ed Intelligenza Emotiva acquisiranno un ruolo progressivamente sempre più importante.
Competenze tecniche e specialistiche
Una delle migliori ricette per trasformare il ruolo dell’addetto all’assistenza clienti, rendendolo, quindi, maggiormente adatto ad affrontare i cambiamenti introdotti dall’innovazione tecnologica, è rappresentata dall’ampliamento delle sue competenze tecniche. Immaginiamo un Customer Service evoluto in cui, ad esempio, il 30-40% delle richieste di assistenza vengano gestite in modalità automatica o self-service (Livello 0). In questo scenario, il successivo livello di assistenza (Livello 1), quello cioè gestito dagli operatori umani, si ritroverebbe ad affrontare tutte quelle casistiche che il Livello 0 non fosse stato in grado di evadere. Per svolgere adeguatamente le proprie “nuove” funzioni, l’addetto dovrebbe essere in grado di porsi in maniera diversa con il proprio interlocutore, privilegiando, prima di tutto, un approccio consulenziale rispetto a quello assistenziale. Inoltre, per poter comprendere appieno i vantaggi ed i limiti derivanti dall’introduzione di una soluzione automatizzata, dovrebbe essere in grado di interagire funzionalmente con un chatbot, coadiuvando e supervisionando proattivamente la sua operatività.
Omicanalità
Il minimo comune denominatore o, meglio ancora, il collante fra valorizzazione delle competenze relazionali ed ampliamento delle competenze tecniche e specialistiche delle risorse è rappresentato dalla capacità di renderle maggiormente adattabili ai diversi canali di contatto utilizzati dai clienti. La nuova frontiera dell’assistenza è, infatti, riuscire a assecondare le preferenze dei propri clienti, personalizzando e valorizzando l’esperienza in base alla specificità del proprio interlocutore. Un buon addetto all’assistenza non solo deve essere in grado di svolgere le proprie mansioni indipendentemente dal canale utilizzato dal cliente ma anche di educarlo, ovvero indirizzarlo, per le successive interazioni, su modalità di contatto più adatte e, quindi, proporzionate alla complessità della sua richiesta.