
Per le aziende in cui il Customer Service si deve occupare solo dei clienti, il Sales solo delle vendite, l’IT solo dei sistemi e il Marketing solo della promozione, le cose non saranno mai troppo facili. Meno che mai in questa fase così complessa delle nostre esistenze. Qualche mese fa, durante un colloquio di lavoro, un recruiter mi fece una domanda piuttosto interessante, non così ovvia come qualcuno potrebbe pensare: “Relativamente al suo dipartimento (ndr: il Customer Service), quale sono, a suo avviso, le principali leve per renderlo più efficace ed efficiente?”.
Vi confesso che rimasi piuttosto sbalordito perché, ahimè, non sempre il livello dei selezionatori è in linea con le nostre aspettative. Mi sembrava una domanda “intelligente”. Non che le altre non lo fossero ma, per la mia personale esperienza, quella che mi aveva fatto mi sembrava particolarmente stimolante, da entrambi i punti di vista (il mio e quello del mio selezionatore).
Per rispondere a questa domanda, oltre ad elencare tutte le strategie più utili ad ottimizzare un servizio, mi concentrai in particolare su quanto fosse importante per un buon manager del Customer Service avere delle spiccate capacità comunicative perché, al di là di garantire la soddisfazione dei clienti, un leader deve anche essere in grado di interagire quotidianamente con gli altri dipartimenti aziendali, non perdendo mai di vista gli obiettivi aziendali.
Avere una visione d’insieme
L’inadeguatezza del selezionatore che avevo davanti e, probabilmente, anche dell’azienda per cui mi stavo candidando, emerse in tutta la sua chiarezza quando il mio interlocutore replicò alle mie argomentazioni come segue: “Lei mi sta forse dicendo che un Customer Service Manager non è responsabile dei propri clienti?”. Pur non considerandomi un navigato oratore, ritengo di avere un discreto eloquio e di conoscere in maniera approfondita le metriche, i processi e le strategie del Customer Service. Tra l’altro, avendo più volte già discusso di queste tematiche con decine e decine di persone, in quell’occasione non ebbi dubbi sulla qualità della mia esposizione.
Evidentemente, il problema era un altro. Riguardava il contenuto di quanto avevo detto. Non ritengo certamente di avere la “verità” in pugno (chi potrebbe crederlo?) ma, se non altro, sono piuttosto convinto che concentrarsi esclusivamente sul particolare sottovalutando la visione d’insieme, non ha mai portato grandi giovamenti alle aziende. Mi resi immediatamente conto di avere davanti una persona, probabilmente preparata ed esperta, ma con una limitatissima capacità di vedere al di là del proprio naso.
Capire le persone
Premettendo che “capire le persone” è, a mio avviso, una delle qualità più rare e difficili da imparare, ritengo che selezionare le giuste risorse sia uno dei principali fattori per il successo di una azienda. Per questo motivo, avendo fatto diversi colloqui di lavoro negli ultimi tempi, credo che i recruiter abbiano una doppia responsabilità: non solo verso le aziende per cui lavorano ma, anche e soprattutto, verso i candidati con cui interloquiscono quotidianamente.
Sarebbe troppo facile, oltreché ingiusto, utilizzare queste pagine per fare il mio personale elenco di “buoni e cattivi”. Come in tutti i settori aziendali, i propri compiti possono essere portati a termine in modi differenti: con pragmatismo e coerenza oppure con superficialità ed approssimazione. Ho conosciuto moltissimi recruiter di elevato spessore, in grado, non solo di “capire le persone”, ma anche di relazionarsi con i candidati, indipendentemente dall’esito del colloquio, in maniera sempre schietta e costruttiva. Allo stesso modo, ho avuto a che fare anche con persone vuote e superficiali, indubbiamente inadeguate a ricoprire questo ruolo.
Situation, Task, Action, Result
Nel Customer Service le cose possono essere ancora più complicate in quanto, più che in altri dipartimenti, la capacità dei recruiter di riconoscere e valorizzare le cosiddette Soft Skills dei candidati (capire le persone?), ad esempio l’Empatia, la Capacità d’ascolto o l’Intelligenza Emotiva, è un fattore ancora più determinante. La cosiddetta STAR (Situazione, Compito, Azione e Risultato) è una tecnica molto usata nell’ambito della selezione del personale, con inequivocabili potenzialità anche nel Customer Service, a condizione, però, che venga condotta da un recruiter che conosca – almeno parzialmente – questo mondo.
L’individuazione delle Hard Skills è sempre stato un elemento di forza nei processi di selezione per posizioni lavorative più tecniche o specialistiche. Ma non per il Customer Service. O meglio, molte competenze apparentemente solo trasversali, in questo particolare settore aziendale assumono una centralità decisamente più spiccata. Insomma, hanno un “peso” diverso. Sottovalutare questo aspetto, soprattutto non comprendendo a fondo la descrizione della “situazione” e, a volte, anche del “compito”, potrebbe irreversibilmente mettere in discussione l’intero processo di selezione.
Conclusioni
Ho condotto diversi colloqui per selezionare nuovi collaboratori e, tutte le volte, non mi sono mai concentrato troppo su quanto i candidati non sapessero fare ma che, comunque, avrebbero potuto imparare. Ho sempre preferito privilegiare l’approccio, l’ottimismo, le capacità comunicative e di ascolto, il sorriso e la voglia di crescere umanamente e professionalmente. Se avessi dovuto selezionare dei programmatori non sarebbe stato sufficiente, è chiaro, ma è altrettanto vero che, per coloro che desiderano lavorare nel Customer Service, molte competenze spesso sottovalutate, sono di vitale importanza.
Rappresentano il vero e più efficace motore per guidare il cambiamento. Per poter interpretare correttamente le rinnovate esigenze dei nostri clienti, servono persone in grado di mettersi costantemente in discussione. Che sappiano comunicare, sia internamente che esternamente, che pensino in maniera innovativa, che non smettano mai di aver voglia di imparare e migliorarsi.