
Con l’avvento delle nuove tecnologie in area Customer Service, dai Chatbot all’Intelligenza Artificiale, la misurazione di specifici indicatori chiave di performance (KPI) per canale di interazione sta via via perdendo di significato. Non ha più molto senso ridurre drasticamente i tempi di risposta mediante un Chatbot a scapito della completezza delle risposte fornite. I clienti desiderano comunicare in maniera sempre più differenziata con il Customer Service e, nella maggior parte dei casi, grazie anche al prezioso contributo degli addetti all’assistenza, stanno cominciando gradualmente a discernere il più adeguato canale di contatto da utilizzare in base alla specifica problematica da risolvere. Per questo, come vedremo meglio più avanti, sarebbe più oportuno parlare di indicatori chiave dell’esperienza del cliente (Key CX Indicators).
Non basta più misurare. Bisogna approfondire.
Uno dei task con cui, nei prossimi anni, saremo tutti obbligati a fare i conti, è rappresentato dalla necessità (urgente) di definire ed implementare Key Performance Indicators costruiti sui clienti, ovvero sulla loro soddisfazione e fidelizzazione. Non basta più concentrarci sulla produttività oraria delle nostre risorse o sul monitoraggio dei tempi di conversazione. La velocità di risoluzione delle problematiche evidenziate dai clienti resta un fattore imprescindibile ma l’obiettivo non deve essere tanto quello di incrementare la capacità di gestione dei volumi in entrata ma soprattutto quello di migliorare la Customer Experience.
Un KPI piuttosto significativo in questo senso, in quanto completamente svincolato dagli specifici canali di contatto, è il Customer Effort Score, di cui abbiamo già diffusamente parlato su queste pagine ma che, in virtù di uno slancio innovativo del settore senza precedenti, sta acquisendo sempre più credibilità tra gli “addetti ai lavori”. Il CES è un indicatore di natura transazionale, ovvero viene calcolato per analizzare l’esperienza del cliente relativamente ad una sua specifica interazione con l’azienda, indipendentemente dal canale di contatto utilizzato. I sondaggi transazionali (Transactional Surveys) forniscono informazioni utili per intervenire proattivamente su specifici prodotti o processi, che grazie ai feedback dei clienti, potranno successivamente essere migliorati, trasformati o, addirittura, eliminati. Come viene calcolato il Customer Effort Score? Per chi volesse approfondire, lo spiego dettagliatamente qui.
Mai perdere di vista la Customer Base.
Non mi stancherò mai di ripetere quanto sia sensibilmente più difficile mantenere i propri clienti anziché acquisirne di nuovi. Una delle priorità del Customer Service è quella di contribuire a mantenere integro il parco clienti attraverso un approccio proattivo e propositivo nei confronti del proprio target di riferimento. Indipendentemente dai canali di contatto utilizzati, la misurazione della quantità di clienti persi in un determinato periodo di tempo (Customer Attrition) potrebbe rappresentare un indicatore piuttosto affidabile per testare l’efficienza e l’efficacia dei processi. A patto, però, che tale calcolo ci spinga ad approfondire le cause di un eventuale impoverimento della Customer Base. Deve essere effettuata un’analisi critica e multidisciplinare, con un approccio drill-down, che non si limiti semplicemente a trovare il colpevole di qualcosa ma che evidenzi tutte le concause che hanno contribuito ad incrementare il tasso di abbandono dei clienti.
Misurare costantemente la Customer Attrition, a valle di ogni specifico intervento sui processi o sull’organizzazione del nostro Customer Service, fornisce informazioni utilissime sull’efficienza del servizio e, ancor di più, sull’efficacia delle strategie di ripristino ed ottimizzazione. Non c’è errore più grande di misurare qualcosa solo perché è semplice farlo o, peggio ancora, impiegare risorse umane ed economiche per calcolare indicatori che non hanno un reale impatto sui nostri clienti. Come dicevo poco fa, tenere sotto controllo criticamente la Customer Base acquista un senso solo se si ha davvero il coraggio di mettersi in discussione, migliorando ciò che influisce sull’esperienza del cliente ed eliminando il superfluo. Questo è spesso il principale problema di molte aziende, che professano l’innovazione dei processi e delle strategie senza però metterle realmente in pratica al proprio interno.
Conclusioni
Le proprietà di un sistema non possono essere spiegate esclusivamente tramite le sue singole componenti. Per questo motivo è indispensabile sviluppare quanto prima un approccio olistico alla misurazione delle performance dei nostri servizi. Le aspettative dei nostri clienti sono cresciute esponenzialmente negli ultimi anni. Sono consapevole che quanto sto per scrivere farà storcere il naso a tanti professionisti del settore ma, spesso, ho la sensazione che lo slancio innovativo sia molto più sviluppato nei nostri clienti che nelle nostre aziende.
Mai come in questa fase delle nostre esistenze dovremmo concentrarci sulle esigenze dei nostri clienti, non limitandoci a fornire loro un servizio o un prodotto ma cercando di imparare il più possibile dai nostri errori e dai loro feedback. Pur riconoscendo da sempre l’importanza di misurare le performance di un servizio, mi auguro che, nel prossimo futuro, più che di Key Performance Indicators, si senta sempre più spesso parlare di indicatori chiave dell’esperienza del cliente (Key Customer Experience Indicators). Perché solo mettendo il cliente al centro delle nostre strategie, saremo finalmente in grado di affrontare il cambiamento.
Articolo molto interessante!
Credo comunque che le Chatbot possano rappresentare il futuro della UX, semplicemente più che usare indicatori di performance quantitativi (come ad esempio il tempo di risposta) sarebbe auspicabile usare indicatori di performance qualitativi, chiedendo un feedback immediato al cliente che si trova ad utilizzare la Chat Bot.
Ale
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