
Se solo fino a qualche settimana fa le maggiori aziende CRM stavano investendo soprattutto in area AI e Chatbot, oggi, a seguito dell’esplosione dell’emergenza Coronavirus (COVID-19), si ritrovano costrette a rivedere drasticamente i propri obiettivi. Al netto delle profonde ripercussioni sociali che genererà a livello globale, una volta rientrata tale emergenza, le persone, intese come motore trainante del business aziendale, ne usciranno senz’altro rafforzate. Per troppe volte, infatti, si è pensato che l’unica via per incrementare i profitti fosse quella di ridurre drasticamente il contributo umano nei processi di business, rischiando di sottovalutare il fine ultimo dell’innovazione tecnologica: far sì che le aziende possano impiegare le proprie persone in attività a maggior valore aggiunto, sempre più specialistiche e differenziate.
In queste difficilissime settimane, le aziende sono state costrette ad adattarsi velocemente ad un nuovo ed ineluttabile scenario produttivo, riorganizzando dall’oggi al domani interi dipartimenti in modalità Smart Working. Non sono state solo le ferree disposizione governative ad indurle ad agire rapidamente ma, anche e soprattutto, la necessità di garantire un’adeguata sicurezza ai propri dipendenti.
Sebbene lo Smart Working (o Lavoro Agile) sia stato definito in molti modi, quello a mio avviso più chiaro ci viene fornito direttamente dal nostro ordinamento giuridico. La Legge n. 81 del 22 Maggio 2017 definisce lo Smart Working (o Lavoro Agile) come “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”.
Se, per alcune mansioni in particolare (amministrative, analitiche o tecniche), la possibilità di lavorare in modalità “agile” è ostacolata esclusivamente da fattori di ordine culturale, in ambito Customer Service le cose sono senz’altro più complicate ma non per questo – come già hanno dimostrato egregiamente i maggiori gruppi italiani del settore – impossibili da realizzare. L’emergenza Coronavirus ha abbattuto ogni barriera, obbligando le aziende a sperimentare sul campo e, per lo più, senza un’adeguata preparazione, un’organizzazione del lavoro da sempre molto osteggiata o, quantomeno, sottovalutata.
Sarebbe davvero utile ed interessante, una volta rientrata l’emergenza, che le aziende coinvolte condividano i dati di produttività registrati in modalità Smart Working. Sono convinto che l’analisi di queste informazioni potrebbe riservarci qualche piacevole sorpresa.