
Che la Digital Transformation stia rivoluzionando profondamente il mondo del Customer Service è ormai una certezza. Chiunque voglia proporsi sul mercato, deve necessariamente fare i conti con le più recenti tecnologie e con la radicale trasformazione delle modalità di interazione con i clienti. Che si tratti di PMI o di grandi aziende di servizi, l’adozione di strumenti di nuova generazione come Chatbot e AI è ormai generalizzata, con risultati piuttosto contrastanti. Se è vero che la maggior parte dei clienti aspira a risolvere i propri problemi autonomamente (Self-Care), ed in questo le nuove tecnologie sono indispensabili, non bisogna mai sottovalutare il prezioso e, a volte, insostituibile contributo umano nella gestione delle relazioni.
Il miraggio di un potenziale taglio dei costi operativi
Il sospetto è che, affascinate da una sorta di ossessionante “neomania” senza controllo e stordite dal miraggio di un potenziale (ma ad oggi ancora tutto da verificare) taglio dei costi operativi, molte aziende stiano perdendo di vista ciò che potrebbe davvero fare la differenza: preoccuparsi della qualità delle interazioni con i propri clienti. Per questo motivo, su queste pagine, abbiamo più volte sostenuto che, per soddisfare ed anticipare i bisogni dei nostri clienti, è necessario che l’innovazione dei modelli organizzativi proceda di pari passo con quella delle tecnologie e dei processi.
Le persone, con tutto il loro bagaglio di conoscenze ed esperienze, devono essere sempre messe al centro delle strategie di business (al pari degli stessi clienti). Dobbiamo preoccuparci costantemente della loro formazione (Continuous Learning) e dello sviluppo ed aggiornamento delle loro competenze professionali (Reskilling e Upskilling) perché, al di là di tutto, dietro ad ogni tecnologia c’è sempre una persona.
Il tasso di risoluzione dei problemi complessi
Se è vero che, a detta di molti (se non di tutti), durante il lockdown non ci sono stati significativi scostamenti in termini di produttività delle risorse e di tempi di gestione dei contatti, sono certo che il tasso di risoluzione di problemi complessi sia crollato vertiginosamente. Ho sempre pensato che lo spessore di un brand o di un servizio si possa valutare correttamente solo in presenza di un problema più o meno complesso da risolvere. Ebbene, se negli ultimi mesi è sotto gli occhi di tutti che le modalità di interazione si siano moltiplicate a dismisura, vi confesso di essermi innervosito più volte interagendo con il Customer Service della mia banca, del mio Internet Provider o di un rinomatissimo Marketplace internazionale.
Ringraziando il cielo, per chi come il sottoscritto ama semplificare la complessità e riconosce la valenza e la centralità delle nuove tecnologie, la maggior parte dei problemi possono essere risolti in modalità Self-Service ma, nel caso in cui questo non è stato possibile, ho riscontrato gravissime inefficienze da parte di molte aziende, sia in termini di preparazione che di disponibilità delle risorse umane.
E’ necessario puntare sul valore aggiunto delle persone
Se non si comincerà immediatamente a cambiare atteggiamento, indicatori come i volumi gestiti, il tempo medio di risposta o quello di conversazione non significheranno più nulla e ci ritroveremo con con un tasso di soddisfazione dei nostri clienti ben al di sotto del 50%. Come abbiamo ampiamente dimostrato in una recente indagine sui KPI del Customer Service, i clienti vogliono senz’altro velocità di risposta ma, più di ogni altra cosa, tempi di risoluzione certi e contenuti. Se per la maggior parte dei casi, questo può essere garantito adottando i più recenti ritrovati tecnologici a disposizione, per una percentuale di casi inferiore ma altrettanto importante, è necessario puntare sul valore aggiunto delle nostre persone. Sottovalutare questo aspetto, per ingenuità o superficialità, equivale ad ingannare i propri clienti. E’ bene non dimenticarlo mai.