Chatbot: un paese a due velocità

Thoughts/: Un paese a due velocità

Chi, come il sottoscritto, ha vissuto sulla propria pelle molte delle rivoluzioni cui è andato incontro il Customer Service negli ultimi 20 anni, sa perfettamente che l’avvento di AI e Chatbot ha in qualche modo apportato una ventata di aria fresca ad un settore per troppo tempo condizionato da un profondo immobilismo creativo e manageriale. Pur riconoscendo l’indiscusso slancio innovativo di tali soluzioni, ho l’amara sensazione che, in molti casi, il tutto si riduca ad una semplice campagna di marketing e che le reali potenzialità di tali tecnologie non vengano sfruttate al meglio. E non sempre per problemi di ordine tecnologico. Tutt’altro. Il più delle volte, sono proprio le persone a limitarne pericolosamente lo spettro d’azione.

Gli assistenti virtuali in Italia

Un recente report di Celi, la società di H-Farm che progetta e sviluppa sistemi di AI basati su Machine Learning e reti neurali, realizzato su un campione di 322 aziende italiane appartenenti a 13 settori industriali differenti (tra cui, PA, Banking, Pharma e Retail), ha stabilito che il 70% dei Chatbot oggetto dell’indagine non è integrato con i processi aziendali e – a mio avviso, cosa ancora più grave – che, nel 65% dei casi, le informazioni ricavabili dalle conversazioni effettuate non vengono utilizzate successivamente da parte delle stesse aziende.

Instillare la cultura dell’innovazione

L’indagine di Celi non fa altro che riconfermare ciò che molti di noi già pensavano da tempo, ovvero che vi siano dei profondi limiti di ordine culturale più che squisitamente tecnologico. Come abbiamo già detto in più occasioni, è senz’altro vero che la cosiddetta “Rivoluzione dei Chatbot” deve ancora realizzarsi compiutamente, ma i passi in avanti fatti negli ultimissimi anni sono comunque davvero notevoli oltreché molto promettenti.

Mi chiedo: è, forse, la tecnologia ad andare troppo velocemente rispetto alle reali esigenze delle aziende? Oppure, cosa senz’altro più probabile, sono proprio le imprese a non essere ancora pronte a fare quel salto di qualità che permetterebbe loro di affrontare il cambiamento?

Il nostro è un paese a due velocità. Sebbene nascano quotidianamente numerose start-up e progetti innovativi in grado di rivoluzionare profondamente il mercato, non sempre queste realtà riescono ad intercettare le reali esigenze delle aziende italiane. Tutto ciò non dipende da una eccessiva offerta ma, piuttosto, da una strutturale e sistematica carenza di domanda.

Conclusioni

Ciò che mi fa davvero imbestialire è che, spesso, si decide di implementare un agente conversazionale in azienda ancor prima di chiedersi a cosa possa servire e, soprattutto, cercando di spendere il meno possibile. Che senso ha introdurre un Chatbot per poi abbandonarlo a sé stesso? Sono convinto che le aziende tecnologiche italiane (vendor) siano perfettamente in grado di “raccontare” i propri prodotti, delineando in maniera chiara i potenziali benefici derivanti dall’introduzione di tali soluzioni. Eppure, vista l’attuale inadeguatezza della maggior parte dei Chatbot in circolazione, appare del tutto evidente che molte imprese italiane non sappiano guardare al di là del proprio naso e che, a differenza di quanto dichiarino pubblicamente, siano ancora ben lontane da una piena accettazione dell’innovazione (tecnologica e procedurale) come principale leva del cambiamento.

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